“Quando sei felice da solo e sai vivere con te stesso, non esiste una necessità intrinseca di essere in una relazione. Questo non significa che non ti relazionerai, ma rapportarsi è una cosa, essere in una relazione un’altra. La relazione è una sorta di catena, relazionarsi invece è condivisione; avrai rapporti con molte persone, dividerai la tua gioia con molti altri senza dipendere da nessuno in particolare e non permetterai a nessun altro di dipendere da te. Non sarai dipendente e nessuno lo sarà da te, potrai vivere in libertà, in gioia e amore.”
Osho, Be Still and Know
Sull’educazione sentimentale
L’adolescenza ha sempre avuto i suoi rischi; è un periodo critico nella vita di ogni essere umano, caratterizzato da pulsioni aggressive e libidiche con una forza e un’intensità maggiori rispetto a quelle degli adulti. Come sosteneva Anna Freud (1936) “a un Es relativamente forte si contrappone un Io relativamente debole”. E’ in atto un processo di individuazione che sfocerà nella formazione del Sé e della propria identità; la tendenza all’opposizione, alla ribellione, la sperimentazione selvaggia, il misurarsi attraverso comportamenti estremi, determinano la vita dell’adolescente che in questo modo cerca di distinguersi dai propri genitori e dagli adulti in genere, per trovare una dimensione propria e unica che possa garantire un’autonomia dal mondo adulto.
Isolamento, solitudine e disorientamento sono sentimenti spesso riscontrabili tra gli adolescenti che, per difendersi da essi tendono a riunirsi in gruppi all’interno dei quali sono condivisi codici di comportamento comuni. Il progresso più importante nello sviluppo dell’adolescente è il passaggio all’eterosessualità, intesa come riconoscimento dell’altro/a come diverso da sé e l’accettazione tramite il confronto con qualcuno che è altro da sé, ma questi sono tempi virtuali e tutto si complica: il gruppo sta sui social network e da lì detta i codici comportamentali. In questo contesto, ad esempio, la sessualità non è più un valore, ma un mezzo per mostrarsi o ottenere qualcosa -è routine riprendere col cellulare un atto di violenza, uno stupro e non stupisce che ragazze adolescenti si prostituiscano con facilità per avere più danaro e procurarsi oggetti alla moda, o che adolescenti maschi omosessuali che vedono la loro vita distrutta dallo scherno dei loro coetanei, arrivino talvolta al suicidio.
L’eccessiva stimolazione sessuale tramite l’accesso ai siti porno, videogame violenti e contenuti mediatici spazzatura, una scuola non all’altezza dei nuovi scenari, possiamo incolpare tutto questo ma non basta: manca la presenza di un adulto. I genitori, forse distratti e in preda a deliri post adolescenziali, abdicano al loro ruolo mettendosi in competizione con la prole, rifiutandosi tenacemente di ricoprire il ruolo che gli spetta: responsabilità, trasmissione di valori, “educazione ai sentimenti”, che strano….non suona più familiare “educazione sessuale”? E dire che ancora non esistono negli istituti superiori corsi di educazione sessuale e allora gli adolescenti si arrangiano da soli prendendo l’informazione più facile, il materialismo sessuale dove il corpo viene utilizzato come merce di scambio tra me e l’altro, senza conoscere l’altro attraverso l’unico modo possibile e cioè una sana educazione ai sentimenti, all’erotismo, al desiderio. Come suonano quasi imbarazzanti queste parole e le emozioni che ci rivelano.
In tempi di relazioni erotiche solo virtuali, leggi chat, l’incapacità di avere una relazione con l’altro/a è la normale conseguenza. Una mamma mi dice: “non so quando si incontrino con amici e fidanzati, questi sono sempre in casa a chattare!”
In un contesto dove tutto viene relativizzato, il limite tra bene e male sfuma, dipende dai punti di vista. In questo senso la coscienza morale (Super-io freudiano) stenta a definirsi e assistiamo ad una sorta di indietreggiamento rispetto al passato, ecco quindi che la brutalità nel rapporto tra i sessi viene legittimata (dagli adulti prima di tutto) e la libertà sessuale delle adolescenti né subisce le “normali” conseguenze.
Nella sessualità sganciata dal dialogo erotico e sentimentale, nella mancata consapevolezza del desiderio e del desiderio dell’altro/a non c’è crescita. Non riuscirò mai a conoscere l’altro nel suo intimo e a stabilire una relazione con lui se non sarò in grado di ascoltare, dialogare, confrontarmi, e devo essere in grado di capire ed esprimere i miei sentimenti, i miei desideri e le mie particolari pulsioni erotiche se voglio essere compreso e felice con l’altro/a.
Gli adulti riescono a trasmettere agli adolescenti queste capacità così speciali che ci caratterizzano come umani? Siamo in grado noi adulti di fare questo, di dare gli strumenti affinché gli adolescenti possano domani creare relazioni e rapporti pieni e soddisfacenti ?
Nella civiltà Greca (e Romana) gli adulti si prendevano l’onere di trasmettere alle nuove generazioni il sistema di valori e di virtù di quei popoli. Parliamo della “Paideia”, termine greco, il cui significato originario equivaleva a ‘educazione’ e che assunse poi il valore di ‘formazione umana’ per arrivare infine a indicare il contenuto di detta formazione, la cultura nel senso più elevato e personale. Paideia è perciò non tanto la pedagogia come mezzo per un traguardo formativo, quanto piuttosto il fine stesso dell’educazione, l’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà cui l’uomo deve tendere. Secondo il modello ispiratore greco, che da Platone e Isocrate, al tardo ellenismo ha assunto varie sfumature, il raggiungimento della paideia è frutto di un processo continuo, mai compiuto, che impegna tutto l’uomo, ma attraverso cui questi realizza pienamente sé stesso come soggetto autonomo, consapevole di sé e in armonia col mondo. Questo recita l’enciclopedia Treccani e questo è quello che forse gli adulti hanno scordato o peggio non vogliono più fare, prendersi la responsabilità della trasmissione dei valori agli adolescenti, superando quella sorta di imbarazzo nel parlare di sentimenti, erotismo e desiderio.
Ancora una volta la sessualità passa più facilmente attraverso il linguaggio dell’aggressività, della violenza, una sessualità vissuta come mezzo per collaudarsi, fisicamente s’intende e forse le componenti fisiche ed emotive vengono fuse e confuse; nel passaggio del testimone da adulto ad adolescente qualcosa è andato perduto; penso che fin dal momento della presa di coscienza del concepimento, il compito più importante per un adulto che ha scelto di essere genitore (perché oggi può e deve essere una scelta) sia quello di avere la consapevolezza della responsabilità che tale scelta impone, responsabilità che si amplifica proprio in quel difficile periodo della vita umana, quella “terra di mezzo” difficile e complicata che è l’adolescenza.
A cura della dott.ssa Antonella Serra
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