Sono ormai quasi trent’anni che si parla di rap in Italia. È stato infatti sul finire degli anni ’80 che questa musica ha cominciato a conquistare i primi spazi anche da noi, partendo dai centri sociali e arrivando fino alle radio. Poi, con l’andar del tempo, il rap si è trasformato anche in un movimento per certi versi mainstream, capace di scalare le classifiche e rivaleggiare col pop. Oggi è quindi tutto e il contrario di tutto: musica di protesta ma anche di sistema, estetica borderline ma anche moda, linguaggio colorito ma anche canzoni che vengono cantate perfino dai bambini.
Da genere di nicchia a fenomeno di massa
Insomma, da genere in divenire il rap si è trasformato in un fenomeno di massa, con tutto quello che questo cambiamento comporta. E, su questa scia, abbiamo visto decollare carriere e personaggi, bruciarsi talenti, modificarsi tendenze. Di qualcosa del genere abbiamo già parlato anche in passato, quando vi abbiamo presentato gli album più decisivi del genere. Ma oggi vogliamo fare un passo in più, e soffermarci sui gruppi che hanno fatto la storia del movimento rap italiano.
Come vedrete, quasi tutti quelli che abbiamo scelto hanno avuto la loro origine negli anni ’90, nell’epoca d’oro, e quasi tutti oggi risultano sciolti o in “pausa di riflessione”. D’altronde, è la stessa estetica hip hop che induce, spesso, a soluzioni di questo tipo: animati da caratteri forti e combattivi che però vogliono anche aprirsi alle collaborazioni e ai mutamenti, i gruppi rap hanno spesso vita breve, soprattutto qui in Italia. Breve ma intensa, perché, come vedrete, i cinque che abbiamo scelto hanno fatto nel bene e nel male la storia della nostra musica negli ultimi venticinque anni. Eccoli.
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Articolo 31
Dal freestyle al pop rap
Escludendo Jovanotti, che ha sempre fatto un rap tutto suo, contaminato – nei suoi periodi migliori – da ben altre sonorità, i primi a rendere popolare l’hip hop in Italia sono stati gli Articolo 31. Nato a Milano nel 1990, il gruppo era formato da due ragazzi lombardi, J-Ax (al secolo Alessandro Aleotti, all’epoca diciottenne) e DJ Jad (Vito Luca Perrini, ventiquattrenne). Al centro dei loro primi lavori c’era il freestyle, importato dall’America e adattato alla lingua italiana.
La libertà d’espressione, d’altronde, era al centro della loro filosofia, come dimostra anche il nome che scelsero di darsi. “Articolo 31” faceva infatti riferimento alla Section 31 del Broadcasting Authority Act, legge che in Irlanda permetteva al governo di vietare la diffusione tramite TV o radio di messaggi che potessero turbare l’ordine pubblico. E di messaggi di questo tipo, J-Ax e DJ Jad in realtà volevano darne parecchi.
Il successo di Ohi Maria
Dopo qualche singolo, già nel 1993 uscì il loro primo album, Strade di città, che conteneva appunto qualche pezzo politico (Fotti la censura, ad esempio) ma anche brani pronti per avere successo, come Nato per rappare e Tocca qui. Ma fu il lavoro successivo, Messa di vespiri, a segnare la svolta nella carriera del duo. Il terzo singolo estratto da quel disco, Ohi Maria, divenne infatti un tormentone, spostando i rifletto dei media tradizionali sul giovane gruppo milanese.
Da quel punto in poi gli Articolo 31 hanno cominciato a piazzare tutti i loro album in classifica. Già Così com’è, datato 1996, stabilì un record tuttora imbattuto per le vendite di dischi rap, arrivando a 600mila copie, trascinato dal singolo Tranqi Funky. Nel 1998 arrivò poi Nessuno, nel 1999 Xché sì! (dove cominciavano le contaminazioni con altri generi) e nel 2002 Domani smetto. L’ultimo album di inediti del gruppo è Italiano medio, datato 2003, dopo il quale i due componenti hanno deciso di seguire strade diverse.
99 Posse
Il raggamuffin rap napoletano
Più o meno contemporaneamente agli Articolo 31, ma in una zona d’Italia molto diversa e in un ambiente decisamente più politicizzato, si formavano i 99 Posse, principali esponenti della scena raggamuffin rap italiana. Le coordinate del gruppo furono infatti fin da subito molto chiare: si formò infatti come espressione del Centro Sociale Occupato Autogestito “Officina 99” di Napoli.
I componenti originari erano Kaya Pezz8 (Marco Messina), JRM (Massimo Jovine) e PapaJ, oltre a quello che fin da subito sarebbe emerso come il leader storico, ‘O Zulù, al secolo Luca Persico. Con l’andare degli anni poi si sarebbero aggiunti altri componenti, come Meg (poi protagonista di una interessante carriera solista), Mariano Caiano, Sacha Ricci e altri. La cifra stilistica sarebbe però rimasta sempre la medesima: un rap mescolato alla musica raggae, soprattutto nella sua variante raggamuffin, che all’epoca in Italia era ben poco praticata e che i 99 Posse contribuirono a sdoganare.
L’esordio col botto
Il successo li raggiunse subito. Nel 1993 uscì infatti il loro disco di maggior successo, Curre curre guaglió, da cui Gabriele Salvatores avrebbe tratto la traccia omonima per inserirla nella colonna sonora del suo film Sud. Il brano fece scalpore e si guadagnò una targa Tenco, mentre il disco – che conteneva altri pezzi famosi come Rigurgito antifascista – sarebbe poi stato inserito dalla rivista Rolling Stone tra i 100 migliori album di sempre della storia della musica italiana.
A quel primo lavoro ne sono seguiti due realizzati assieme ai Bisca, gruppo ska napoletano, e altri fino al 2003. Poi i componenti iniziarono a intraprendere strade diverse, fino a quando, a fine 2005, ‘O Zulu non annunciò lo scioglimento in un’intervista alla stampa. Nel 2009 però i 99 Posse hanno ricominciato a suonare assieme, facendo uscire un nuovo album nel 2011 (Cattivi guagliuni). Nel 2014 è arrivato poi Curre curre guaglió 2.0 (riproposizione del disco d’esordio, cantato assieme a vari ospiti) e nel 2016 è stata la volta di Il tempo. Le parole. Il suono.
Sangue Misto
Neffa, Deda e DJ Gruff, anche se per poco tempo
Rimaniamo ai primi anni ’90 ma cambiamo città. Dopo Milano e Napoli, il terzo polo della scena hip hop italiana delle origini fu Bologna. E proprio a Bologna si formarono i Sangue Misto, gruppo nato nel 1993 e composto da Deda, Neffa e DJ Gruff. I tre, tutti poco più che ventenni, facevano parte dell’Isola Posse All Stars, una crew formatasi nel Centro Sociale Isola del Kantiere ma che si era sciolta poco prima, proprio adottando il nome che sarebbe poi stato fatto proprio dai tre.
Le influenze all’interno della scena bolognese erano molte. L’Isola Posse aveva visto svilupparsi mescolanze tra raggamuffin ed East Coast hip hop, anche grazie alla presenza di alcune stelle dei primi anni del genere come gli Assalti Frontali, Kaos One e Bassi Maestro. Deda, Neffa e DJ Gruff, però, iniziarono ad abbandonare le influenze reggae e spostarsi verso un hardcore rap, più vicino anche alle loro esperienze pregresse. I tre si misero quindi subito al lavoro per realizzare un album, che uscì infine nel gennaio 1994 col titolo di SxM.
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Il disco è considerato ancora oggi una pietra miliare nello sviluppo del genere in Italia, nonostante alla sua uscita sia stato pressoché snobbato dal grande pubblico, ancora distante da certe sonorità. All’interno c’erano pezzi come Cani sciolti (che a più di dieci anni di distanza sarebbe stato reinciso dai Club Dogo) e Senti come suona, di cui fu realizzato anche un videoclip.
Purtroppo quello fu anche l’unico disco di inediti del gruppo. L’anno dopo, nel 1995, i tre si separarono, in seguito ad alcune divergenze sorte durante la lavorazione del secondo album. Il primo a lasciare fu DJ Gruff, mentre i due restanti membri continuarono ad esibirsi assieme ancora per qualche tempo (anche se Neffa nel frattempo pubblicò da solista Neffa & i messaggeri della dopa). Nel 1997 arrivò poi lo scioglimento ufficiale.
Sottotono
West Coast ed R&B
Era ispirato invece ai rapper della West Coast lo stile dei Sottotono, un’altra delle band che ha contribuito a far decollare il genere hip hop nella considerazione del grande pubblico italiano. Nato come un gruppo di quattro membri, già dopo il primo album i Sottotono si ridussero a due soli componenti: Tormento (alias Massimiliano Cellamaro, il rapper) e Fish (alias Massimiliano Dagani, il produttore/DJ). Ex membri sono stati invece Nega e DJ Irmu.
L’esordio è datato 1994, quando, dopo l’apparizione in alcune compilation, i due fecero uscire il loro primo album, Soprattutto sotto. Il disco ottenne un successo insperato, perché il primo singolo estratto – La mia coccinella – venne utilizzato in uno spot televisivo, trasformandosi così in tormentone. La cifra stilistica comunque era già chiara: liriche che strizzavano l’occhio allo stile Gangsta rap, pur concedendosi di tanto in tanto qualche deviazione più tenera, e basi che campionavano anche classici dell’R&B.
L’ascesa a fine anni ’90
Ancora meglio andò Sotto effetto stono, album pubblicato da una major come la Warner Bros. e baciato dal buon successo dei suoi singoli, come Solo lei ha quel che voglio e Dimmi di sbagliato che c’è. Il buon periodo si concluse nel 1999 con Sotto lo stesso effetto, che chiudeva il vecchio millennio trascinato da Amor de mi vida, altro pezzo molto ascoltato in radio.
Col nuovo millennio le carriere di Tormento e Fish sembrarono pronte a dividersi, cosa che sarebbe avvenuta a partire dal 2002. Prima dell’addio, per i Sottotono ci fu però lo spazio per una partecipazione al Festival di Sanremo, dove concorsero nel 2001 col brano Mezze verità. La canzone si classificò al quattordicesimo posto, ma quell’apparizione è ricordata soprattutto per il fatto che i due rapper vennero presi di mira da Striscia la notizia, che li accusò di aver plagiato un brano degli ‘N Sync. La cosa finì con una colluttazione e varie polemiche sui giornali.
Club Dogo
Il trio che ha scalato le classifiche
L’ultimo gruppo della nostra cinquina è in realtà il più giovane e, assieme ai 99 Posse, l’unico ancora in attività: i Club Dogo. Formatisi nel 2002 a Milano raccogliendo l’eredità del collettivo Sacre Scuole, sono un trio formato dai rapper Jake La Furia e Gué Pequeno e dal produttore Don Joe. Fino ad oggi hanno inciso insieme 7 album, capaci, soprattutto negli ultimi anni, di arrivare fino alla vetta della classifica italiana.
I tre hanno cominciato a farsi conoscere col nome attuale, dopo varie esperienze precedenti, nel 2003, dando subito alle stampe un disco sostanzialmente autoprodotto, Mi fist. L’album ebbe un successo inatteso, tanto che venne ristampato nel giro di pochi mesi e distribuito a un più ampio pubblico. Arrivarono inoltre premi e riconoscimenti a livello nazionale e una lunga serie di live. Tutto insomma sembrava preludere a un secondo lavoro coi fiocchi, e questo arrivò nel 2006 con Penna capitale.
Il passaggio alle major
Il disco si ricollegava all’estetica Gangsta rap, ma non lesinava neppure sull’intimismo; le campionature aggiungevano un tocco funk ed elettronico. Inoltre è da segnalare la collaborazione di Marracash e il già citato omaggio ai Sangue Misto con Cani sciolti 2006. Il successo fu tale che il gruppo, ormai, destava l’attenzione delle major e firmò per la EMI. Quest’ultima già nel 2007 fece uscire il nuovo lavoro dei Club Dogo, Vile denaro, un album che si piazzò direttamente all’undicesimo posto della classifica.
L’ascesa fu coronata dall’entrata nella top ten con Dogocrazia, uscito nel 2009 per la Universal e foriero di nuove collaborazioni. Infine, tra il 2010 e il 2014 sono usciti Che bello essere noi, Noi siamo il club e Non siamo più quelli di Mi fist, dischi vendutissimi, che hanno attirato sui tre le attenzioni delle riviste e delle TV. Jake La Furia, Gué Pequeno e Don Joe sono comparsi così in molte trasmissioni e videoclip, mentre non hanno mancato di curare qualche progetto personale parallelo. E di collaborare con artisti come Emis Killa, Max Pezzali, J-Ax ed altri ancora.
Segnala altri fondamentali gruppi rap italiani nei commenti.
Il post Cinque fondamentali gruppi rap italiani è apparso su Cinque cose belle.
Fonte: https://www.cinquecosebelle.it/cinque-fondamentali-gruppi-rap-italiani/
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